Le parole che si tramandano

Sono bizzarre […] a volte incomprensibili, sembrano combinate in modo da apparire diverse, un po’ scostanti, qualche volta addirittura irritanti. È per via dell’allenamento. Sì, vogliono allenarvi ad accogliere bene la bizzarria, la diversità, la differenza. Vogliono abituarvi ad amare anche cose strane, che non si decifrano subito, che tendono tranelli, che stuzzicano, che volentieri sorprendono. Sanno bene, loro che vengono da altre epoche, da altri mondi, da altri paesi, che chi accetta con dolcezza il mistero dei propri sogni può capire anche le usanze, le abitudini, gli atteggiamenti, i desideri, le pene di chi non ci assomiglia o di chi ci assomiglia molto poco. E di tutto questo c’è un gran bisogno, subito, qui, nel nostro mondo. (Antonio Faeti, 2000)

Di cosa parla Antonio Faeti nell’introduzione a La casa del sonno, raccolta di filastrocche, ninne-nanne e girotondi pubblicata nel 2000, da lui curata insieme alla moglie Anna? Parla delle filastrocche della tradizione popolare. Proviamo adesso a sostituire filastrocche con tradizioni. Cosa succede? A me sembra che il testo si adatti bene per descrivere alcuni tra i possibili risultati dell’incontro tra i bambini di oggi e gli antichi usi e costumi, fiabe della tradizione, miti, riti, giochi, e tutto quel patrimonio collettivo che da tempi molto antichi coltiva, o dovrebbe coltivare, l’immaginario di tutti noi, nessuna generazione esclusa. Il dizionario della lingua italiana Treccani (edizione del 2014) definisce “tradizione” come trasmissione nel tempo, da una generazione a quelle successive, di memorie, notizie, testimonianze, consuetudini, usi e costumi, modelli e norme.  Manca qualcosa però. Manca l’aspetto sovversivo che caratterizza la migliore letteratura giovanile, quell’elemento di rottura di modelli e norme che tanto si addice alla natura dell’infanzia, età che non si accontenta del già noto e sempre in mutazione. Manca in queste definizioni quell’elemento di novità, di stupore, così importante per coinvolgere i lettori più piccoli con la lettura. Ma siamo sicuri che tradizione voglia automaticamente dire immobilità, noia? Tutti conosciamo il ruolo che la tradizione ha sempre avuto come collante sociale e modello identitario. Non sarò io qui a negarlo né ad auspicarne la fine, sebbene trovi vera l’affermazione di Maurizio Bettini quando dice: “Il passato si sta di nuovo configurando – anche abbastanza pericolosamente […] – come luogo della identità di gruppo” (Bettini 2016, 8). E ancora: “Nonostante le enormi differenze culturali rispetto al passato […] sempre più insistentemente si viene sostenendo che solo ciò che siamo stati […] può dirci chi siamo oggi. Come se la tradizione avesse il potere di scolpire nel marmo i contorni della nostra identità collettiva” (Bettini 2016, 15). Ma se guardiamo alla tradizione in una prospettiva pedagogica, se vogliamo coinvolgere i bambini nella sua scoperta attraverso la lettura, ecco che si apre tutto un nuovo modo di intendere le tradizioni, ecco che esse diventano strumenti di dialogo con la diversità, sia nel tempo sia nello spazio. Perché ai bambini dobbiamo insegnare che non esiste una sola cultura, la nostra (che tra l’altro muta di continuo), ma tante culture diverse che si alimentano a vicenda. Dice Bettini (2016, 15): “Se c’è qualcosa che caratterizza la cultura, infatti, è per l’appunto la sua capacità di mutare, di trasformarsi nel corso del tempo: appartenere alla specie umana significa, in primo luogo, possedere il dono e la possibilità del cambiamento”. Oggi non possiamo più fuggire questo cambiamento, per quanto esso ci spaventi, ancor più in relazione all’infanzia che tendiamo a iperproteggere dalla diversità, dobbiamo abbracciare questa diversità e diventarne paladini entusiasti. Un lavoro costante di incontro con le tante tradizioni che ancora sopravvivono o con quelle ormai estinte del nostro Paese, un confronto di queste con le culture di altre nazioni e continenti diventa allora un ottimo passaporto per un viaggio nella diversità. I libri, in questa prospettiva, sono ponti per attraversare tutta la complessità dell’essere umano. La letteratura giovanile, grazie all’innovativo lavoro delle tante case editrici presenti in Italia, ci offre validissimi strumenti per lavorare intorno e dentro l’inestimabile patrimonio culturale lasciatoci in eredità dalla tradizione e dalle tradizioni, passate e presenti, vicine e lontane. È così possibile l’innovazione della tradizione attraverso la lettura che, ci ricorda Roberta Cardarello: “ha un valore inestimabile nella formazione dell’uomo […] soprattutto perché consente l’accesso al sapere e alle fonti importanti della nostra tradizione culturale” (1995, 22).

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Uno dei linguaggi più tradizionali, insieme alla fiaba popolare, è la filastrocca; tre raccolte che non dovrebbero mancare in nessuna casa e in asilo sono: Staccia buratta, la micia e la gatta… a cura di Francesca Lazzarato e illustrato da Nicoletta Costa (1989), La casa del sonno. Filastrocche, ninna-nanne e girotondi a cura di Anna e Antonio Faeti (2000), entrambi purtroppo fuori catalogo, e il più recente An ghìn gò. Filastrocche, canzoncine e stroccole da leggere ad alta voce per farsi venire la ridarella di Emanuela Bussolati (2014). Sono veri tesori per la lettura ad alta voce nonché un invito molto precoce all’ascolto di una parola antica e piena di ritmo, una musica spesso fatta di testi non sense, tanti nei diversi dialetti italiani, un’occasione unica per riallacciare il nostro vissuto di adulti con la memoria della nostra infanzia. Consiglio spesso ai genitori in attesa di recitare e imparare a memoria queste filastrocche durante la gravidanza. Non solo sarà una scusa per divertirsi ed esercitare la lettura ad alta voce ma è proprio il primo dono ai bambini della parola poetica e della parola che ha viaggiato di bocca in bocca per tante generazioni. L’innovazione qui passa nel semplice fatto di recitare, ancora e ancora, queste formule magiche, in questo nostro tempo in cui pochi trovano il tempo di esercitare la memoria bambina, una memoria che non abbiamo del tutto perso ma che rischia di scomparire se non portata, ancora,  in grembo.

Splēn edizioni, una giovane casa editrice siciliana, ha invece pubblicato tra il 2016 e il 2017 delle filastrocche scritte da Pippo Scudero, psichiatra e psicoterapeuta oltre che scrittore, che ne ha raccolte ben una per ogni giorno dell’anno. Ogni giorno una filastrocca, ogni giorno un nome riferito al Santo corrispondente, e legato a ogni nome un mestiere. Sono quattro volumi, sotto il titolo di Filastroccario per un anno straordinario (tre mesi e una stagione per ogni volume). Ogni libro è disegnato da un’illustratrice diversa (Tiziana Longo, Maria Sole Macchia, Roberta Angeletti, Alida Massari) e introdotto da un esperto di letteratura per l’infanzia (Walter Fochesato, Rosario Sardo, Ermanno Detti, Livio Sossi). I bambini vi possono scoprire tanti mestieri rari o scomparsi del tutto, molti legati ad antiche tradizioni, tutti in rima baciata insieme ad altri della nostra contemporaneità, senza una gerarchia di valore ma sempre allo scopo di giocare rodarianamente con le parole e nel gioco accogliere tutta la varietà del reale, una varietà ben espressa anche dall’interpretazione iconica delle illustratrici, ognuna con uno stile ben diverso dall’altra.

Tra i tanti personaggi citiamo: Beatrice che fa la ricamatrice, “un mestiere diventato un po’ raro, / si fa tutto a macchina: il tempo è denaro! / A lei non importa, si sente un’artista / che crea una cosa prima mai vista” (13 febbraio); Emma che “al mattino macina il grano / ha un mulino, vi sembra strano / che ci sia ancora chi fa la farina / come una volta, macina, macina?” (19 aprile); Crescenzio che “da suo cugino / ha appreso l’arte del ciabattino. / Ormai sono pochi, le scarpe usate / se sono rotte finiscon buttate” (14 settembre); Virgilio che “fa il cantastorie / canta e illustra le sorti e le glorie, / storie vere o di fantasia, / d’amori, di guerra e di poesia” (27 novembre).

Sulla fiaba, tipologia testuale imprescindibile per raccontare la tradizione ai bambini, si è scritto tantissimo, da ogni angolazione possibile.

In mezzo alla fiaba

 

“In mezzo alla fiaba c’è una voce nascosta, / diversa da quella del narratore. / La voce di un testimone oculare, qualcuno / che ha visto, sentito, rischiato, perso, vinto, capito. / In queste poesie puoi trovare voci che appartengono / a venti fiabe diverse. / Cerca chi sta parlando e scopri i titolo nascosti” (Vecchini, 2015)

Così Silvia Vecchini invita i lettori a entrare nel suo In mezzo alla fiaba, illustrato da Arianna Vairo. Un capolavoro della poesia per l’infanzia (e non solo), una vera bussola per camminare nei sentieri delle fiabe ma anche un labirinto poetico in cui perdersi, come l’autentica tradizione insegna. Da Hansel e Gretel a I cigni selvatici, i testi di Vecchini e le figure di Vairo percorrono la fiaba in stato di grazia, facendola profondamente intima ma al tempo stesso sottolineandone l’universalità. Ogni fiaba entra sotto pelle e diventa esperienza sensibile e moderna, come solo la grande poesia sa fare. Una raccolta di poesie che, come le fiabe per Calvino,

“sono vere. Sono, prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che appunto è il farsi di un destino: la giovinezza, dalla nascita che sovente porta in sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e poi maturo, per confermarsi come essere umano” (Calvino, 1988, 19).

Dalle fiabe in poesia si passa poi alla fiaba reinventata, calata profondamente nella contemporaneità senza perdere la sua più profonda essenza simbolica. Un esempio è Cappuccetto Rosso una fiaba moderna, testo di Aaron Frisch tradotto da Luigi Dal Cin e illustrato da Roberto Innocenti (2012).

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Sappiate però, bambini, che le storie sono come il cielo. Possono mutare, portarvi meraviglie, sorprendervi proprio quando non avete addosso la giacchetta col cappuccio. Alzate lo sguardo, scrutate pure il cielo, ma non saprete mai davvero quel che sta per arrivare.

Chi parla è una piccola nonna giocattolo, una bambola che ricama su un tavolo a cui siedono tanti bambini. La nonna racconta una storia che “inizia in una foresta […] Una foresta di cemento e mattoni”. Una fiaba moderna che, come le fiabe di tradizione nelle loro versioni integrali, non censura il male ma lo narra con un’altissima qualità estetica e lascia la possibilità a chi ascolta di inventare un altro finale perché “le storie sono pura magia. Chi dice che possano avere solo un finale?”. È questo, credo, un libro che sarebbe piaciuto a Gianni Rodari che disse ricevendo il Premio Andersen: “Io credo che le fiabe, quelle vecchie e quelle nuove, possano contribuire ad educare la mente. La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare le chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo, gli può dare delle immagini anche per criticare il mondo” (Argilli, 1995).

Un bel libro sui proverbi è L’erba del vicino… Proverbi da tutto il mondo, di Axel Scheffler, il famoso illustratore del Gruffalò. È una raccolta di proverbi, divisi per temi: fortuna, saggezza, invidia, ingiustizia, prudenza e tanti altri.  E il modo in cui i proverbi sono stati compilati e messi insieme sulla doppia pagina sottolinea ancora una volta la somiglianza nella diversità, mettendo in comune culture molto diverse.

Se “Il porcello che tace si mangia le ghiande migliori” in America del Nord “L’insetto che tace si mangia il grano” in Tanzania. Se in India “Gatto che dorme non piglia topi” in Grecia “La volpe resta a pancia vuota se aspetta che i polli cadano nella testa”. Siamo di fronte a un’antologia perfetta per lavorare a scuola sui diversi modi di affrontare le insidie della vita, diversi modi di dire ma con simili significati. Tutte cose molto serie ma affrontate col sorriso e l’ironia.

Un altro libro che racconta la diversità di culture molto distanti è Abc dei popoli di Liuna Virardi, pubblicato da Terre di Mezzo nel 2016. Si tratta di un’interessante modalità per fare divulgazione scientifica, in questo caso una vera lezione di antropologia culturale. Con pochissime forme stilizzate e pochi colori (giallo, rosso e nero), sempre le stesse ma combinate in modi diversi, Virardi ha composto le illustrazioni, sulla pagina destra, di 26 popoli della Terra, dagli Aymara della Bolivia agli Zhuang della Cina, descritti attraverso loro usi, costumi e tradizioni con brevi ma densi testi sulla pagina sinistra. Una perfetta simbiosi tra forma e contenuto, una struttura molto semplice, per far passare un messaggio potente, così come scritto sul colophon: “Perché i popoli della Terra sono tanti, ma tutti abbiamo le medesime radici”. Un libro che è anche un invito alla salvaguardia, attraverso la conoscenza, di culture che stanno ai margini del mondo cosiddetto civilizzato, così come ai margini stanno intere tradizioni.

Spostandoci in Sicilia, a Palermo:

Tutto ebbe inizio quando i vecchi baroni del regno di Francia cominciarono a temere per il futuro della corona; il re Pipino, infatti, era già avanti negli anni e non aveva ancora eredi. Così, Bernardo di Chiaramonte, Girardo di Fratta, il duca di Namo di Baviera e Raimondo di Trieves si misero a girare in lungo e in largo per l’intero regno di Francia in cerca di una sposa per il re. Gira e rigira, giunsero in Ungheria, dove regnava re Filippo, che aveva una figlia di nome Berta

Così inizia l’epopea dei paladini di Francia, dalla voce di Mimmo Cuticchio, il più grande cuntista vivente della tradizione dell’Opera dei Pupi (iscritta nel 2008 dall’UNESCO tra i Patrimoni Orali e Immateriali dell’Umanità). Tradizione siciliana… ma qui si racconta della Francia. Nessun errore, qui siamo proprio all’interno di una tradizione locale che diventa metaforicamente un fiume i cui affluenti provengono da molto lontano. Una tradizione tutta orale che oggi, grazie al lavoro filologico della casa editrice Donzelli, con la sua collana “Fiabe e storie”, trova per la prima volta rifugio e traduzione scritta tra le pagine di un prezioso libro, Alle armi, cavalieri! Le storie dei paladini di Francia raccontate da Mimmo Cuticchio, illustrato da Tania Giordano.

Siamo di fronte a un’opera emblematica del potenziale rapporto che può crearsi tra una tradizione e la lettura. Verrebbe subito da chiedersi, sfogliando il volume, perché dovremmo leggere ai bambini queste storie così violente che narrano di uno scontro tra civiltà (cristiani contro musulmani, quanto attuale!). Ecco alcuni motivi: la magia della narrazione orale oggi si sta esaurendo, leggere Cuticchio ci porta proprio dentro quella magia. È come se il famoso cuntista palermitano si fosse registrato mentre recita le gesta dei cavalieri al servizio di Carlo Magno e poi avesse sbobinato il tutto e lo avesse trascritto su carta. E invece c’è un incredibile lavoro sulla parola, che diventa cassa di risonanza per immaginarci bambini, alla fine dell’Ottocento, in Sicilia, con gli occhi spalancati di meraviglia di fronte ai sanguinosi duelli tra Orlando e i feroci Turchi. Alla magia del cunto si aggiunge una narrazione quasi cinematografica, piena di azione, colpi di scena, inseguimenti e smarrimenti. Si riesce, leggendo, a vedere tutto l’immaginario dei pupari e dentro quell’immaginario si possono incontrare le visioni di Ariosto, Boiardo, Tasso, per non dire della Chanson de geste francese e de Le Mille e una notte della tradizione indiana.

Concludo con le parole di Cuticchio:

“È la prima volta che in un’unica tela trasfondo tutto il vigore del mio immaginario e le sfumature che solo una recita dal vivo può dare. Non so se oggi, sulla soglia di un nuovo millennio proiettato verso lo sviluppo della tecnologia e la rarefazione dei linguaggi tradizionali, io possa definirmi un nuovo Don Chisciotte, così tenacemente legato a una pratica artigianale che viene da lontano. Alcune volte mi sembra di combattere contro i mulini a vento, ma in cuor mio sono certo che dietro all’affannosa corsa verso l’ultima innovazione tecnologica c’è sempre un bambino che vuole fantasticare”

E’ possibile innovare la tradizione leggendo? Sì, è possibile e necessario, e per farlo bisogna avere il coraggio di combattere contro i mulini a vento!

Bibliografia
Argilli M., Ci sarà una volta. Immaginario infantile e fiaba moderna, La Nuova Italia, Scandicci (Fi), 1995.
Bettini M., Radici. Tradizione, identità, memoria, Il Mulino, Bologna, 2016.
Bussolati E., An ghìn gò. Filastrocche, canzoncine e stroccole da leggere ad alta voce per farsi venire la ridarella, Il Castoro, Milano, 2014.
Calvino I., Sulla fiaba (a cura di M. Lavagetto), Einaudi, Torino, 1988.
Cardarello R., Libri e bambini. La prima formazione del lettore, La Nuova Italia, Scandicci (Fi), 1995.
Cuticchio M., Alle armi, cavalieri! Le storie dei paladini di Francia raccontate da Mimmo Cuticchio, Donzelli, Roma, 2017.
Faeti A., Faeti A., La casa del sonno. Filastrocche, ninna-nanne e girotondi, Fabbri Editori, Milano, 2000.
Innocenti R., Cappuccetto Rosso una fiaba moderna, testo di A. Frisch (traduzione di L. Dal Cin), La Margherita, Cornaredo (Mi), 2012.
Lazzarato F., Staccia buratta, la micia e la gatta…, illustrato da N. Costa, Mondadori, Milano, 1989.
Scheffler A., L’erba del vicino… Proverbi da tutto il mondo (traduzione di G. Gilibert), Edizioni EL, San Dorligo della Valle (Trieste), 2000.
Scudero P., Gennaio Febbraio Marzo. Filastroccario per un anno straordinario, illustrato da T. Longo, introduzione di W. Fochesato, Splēn, Mascalucia (Ct), 2016.
Scudero P., Aprile Maggio Giugno. Filastroccario per un anno straordinario, illustrato da M. S. Macchia, introduzione di R. Sardo, Splēn, Mascalucia (Ct), 2017.
Scudero P., Luglio Agosto Settembre. Filastroccario per un anno straordinario, illustrato da R. Angeletti, introduzione di E. Detti, Splēn, Mascalucia (Ct), 2017.
Scudero P., Ottobre Novembre Dicembre. Filastroccario per un anno straordinario, illustrato da A. Massari, introduzione di L. Sossi, Splēn, Mascalucia (Ct), 2017.
Vecchini S., In mezzo alla fiaba, illustrato da A. Vairo, Topipittori, Milano, 2015.
Virardi L., ABC dei popoli, Terre di Mezzo, Milano, 2016.
Il testo “Le parole che si tramandano” è tratto dall’approfondimento “Letteratura per crescere” a cura di Francesca Romana Grasso, pubblicato in Bambini n. 5 maggio 2018, p. 26-30.
Il numero è acquistabile da: https://web.spaggiari.eu/shop/ oppure scrivendo a servizio@spaggiari.eu

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